Costi relazionali delle scelte alimentari.

Fare la spesa e alimentarsi tentando di essere salutisti ed ecologisti è molto faticoso. Non è tanto il sacrifico alimentare in sé a pesare (obiettivamente siamo più soddisfatti e stiamo molto meglio in salute, quindi più che uno sforzo è diventata una necessità), quanto quello di tempo e quello economico. Senza contare che portando a tre o più le variabili (se aggiungessimo il parametro dell’eticità, per esempio) la cosa, anche volendoci investire tanto – ma proprio tanto -economicamente si fa quasi impossibile.

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Le letture e le occasioni di approfondimento (convegni e seminari su modello di Poco letame nei campi, tanta merda nei piatti) sono un insostituibile sostegno, tuttavia può capitare, semplicemente navigando in rete, di trovare spunti interessanti e nuove idee (se si sanno scremare le bufale, obviously). Spulciando un sito vegano siamo allora finiti qui, e, grande, sottovalutata verità: l’altro prezzo, anzi, l’altro costo da pagare è quello relazionale.

L’articolo propone una lettura delle situazioni (“La vera difficoltà, che si supera solo dopo vari anni, ma forse mai del tutto, è quella di dover difendere la nostra scelta, doversi “giustificare”, dover spiegare, sentirsi ripetere, decine, centinaia di volte, le stesse domande, fino alla nausea”) e suggerisce delle strategie apprezzabilissime:

Una tecnica utile, ogni volta che si viene a contatto con persone nuove con cui si dovrà passare un certo tempo, è non dire che si è vegetariani o vegani. Non dirlo subito. Ma aspettare che ci conoscano per quello che siamo. Solo dopo, se capita, se si parla dell’argomento, lo si dice. Solo quando si sono già fatti un’idea di noi. Così che sia questa idea ad influire sul loro modo di giudicare il nostro essere vegan. Non il viceversa. Non che il fatto che siamo vegan influenzi quel che loro pensano di noi su qualsiasi altro fronte. Se tu non lo dici, non se ne accorgono, anche se mangi con loro tutti i giorni. Se non lo dici, allora puoi mostrare tutto il resto. Quello che sei, nel bene e nel male. Meglio nel bene…

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La problematica veramente ardua da gestire – e che, cribbio, allora non capita solo a noi!!!!!!! – è che la maggior parte delle volte in cui non sei a casa tua e non sei a una fiera di vegetariani-salutisti-equosolidali ecc… NON PUOI FARE A MENO DI MANIFESTARTI!!!!!

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Ecco alcuni esempi:

  • Sei in trattoria o al ristorante (magari etnico con i nomi delle pietanze e gli ingredienti scritti solo in parte in italiano; o italiano, senza indicazione di tutti gli ingredienti) e vuoi sapere quali sughi o quali ripieni dei tortellini contengono pesce o carne, cosa è fritto o no, quali dolci contengono la margarina (che è praticamente sempre idrogenata, e anche la non idrogenata è da lasciar perdere), cosa è cotto nel vino… e solo dopo riponi nuovamente gli occhi sul menù guardando davvero ciò che è considerabile appetibile… quanti di voi riuscirebbero ad avere tutte queste informazioni passando inosservati?
  • In pasticceria o al bar: tutti prendono un caffè con la pasta. Noi intanto lo vorremmo d’orzo, e trovate voi, se ci riuscite, un barista che vi porge l’occasione per primo chiedendovi, come se si aspettasse normalmente tale richiesta, “orzo?”(c’è anche chi non lo prepara affatto!). Poi,  visto che è tarda mattina fa freddo e la pausa è lunga: pasta! Mentre gli altri si ingolfano la trachea con brioches alla nutella, voi dovete capire: quali sono margarinate, quali sono – anche lievemente – alcoliche, quali hanno la nutella (da evitare!), quali (magari!) il “vero” fondente… quando avete finito di chiedere (sempre che il barista non vi mandi in c… prima, e sempre che non ci sia la FOLLA dell’ora di punta alla cassa, eventualità in cui dall’altra parte del bancone non vi considerano nemmeno) gli altri hanno già pagato e fatto ritorno al proprio posto.
  • Pranzo veloce, da consumare addirittura camminando: classica situazione in cui si finisce nella pizzeria al taglio, o in un panificio che fa anche focacce e pizzette.Volete sapere se mettono lo strutto nell’impasto, e spesso questi esercizi commerciali non espongono gli ingredienti. E di solito chi lo usa lo mette dappertutto, per cui l’alternativa alimentare è in un negozio diverso da quello in cui siete, e che va cercato apposta. Come ve la giocate?

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Supponiamo però di comportarci come facciamo di solito: chiediamo tutto con nonchalance, e per stimolare i commercianti reticenti a dire la verità simuliamo allergie. E’ scientificamente provato che i più annoiati, insoddisfatti ed esistenzialmente inconcludenti della compagnia registreranno ogni singola affermazione in un minuscolo, potentissimo microchip interno alla testa (non grande abbastanza, forse, da ospitare un cervello) e, sempre che riescano a esser talmente educati da non fare subito una caterva di inopportune domande (ma di solito non lo sono), si divertiranno a “interpretarvi” e cogliervi in fallo ogni qualvolta cadiate in contraddizione o forme diverse di incoerenza (cosa che, a parte tutto, può succedere a chiunque in qualunque momento: restiamo pur sempre dei comuni mortali!!!!)

L’abbiamo sperimentato e continuiamo a sperimentarlo ancora ora a lavoro, all’Università, nelle cene a cui partecipano anche conoscenti e così via: troverete sempre qualcuno  che vomiterà su di voi tutte le domande e le provocazioni che sarebbe meglio fossero raccolte da un bravo analista.

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Possiamo anche ipotizzare che sia una questione culturale; nel senso di deprivazione culturale, però. Non si capisce infatti perché chiunque possa essere libero di dire a quale franchising si rivolga più volentieri in periodo di saldi, mentre nessuno può masticare in silenzio due zucchine.

Sono spesso palle anche quelle di chi premette di essere preoccupato per la vostra salute. Non servirà infatti un grande allenamento per distinguere una sincera curiosità da persone “sane” dalla spocchiosa domanda di chi, magari per altre ragioni, si pone nei vostri confronti con aria di sfida.

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Senza contare i peggiori: quelli che vi guardano, anzi, vi scannerizzano dalla testa ai piedi e poi dicono, con un’aria volutamente, forzatamente sospettosa, ma come siete belli magri… quasi a farvi passare da ortoressici o, peggio, da anoressici!

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Soprassedendo sulla superficialità di approccio a dei problemi così seri, e quindi sull’ignoranza e la cafoneria con cui la gente dice o lascia palesemente intendere certe considerazioni, se c’è un atteggiamento malato, a nostro avviso, è invece proprio quello di chi sceglie di non tutelarsi come essere umano e come consumatore e si nutre  regolarmente di lardo di colonnata, gorgonzola, torte “pronte” in polvere (magari con sparata su un po’ di panna spray), cibi pronti surgelati, marshmallows (ovviamente anch’essi idrogenati )… ma poi candido si chiede come mai non mantiene il proprio peso forma, o le analisi sono sballate!!!!

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Passando oltretutto un altro terribile messaggio: che apparire “magicamente” magro sia intrinsecamente bello, mentre bello dovrebbe essere innanzitutto sinonimo di sano, e sano va di pari passo con “mantieni la tua costituzione originaria”. Olaf il barbaro probabilmente non  ha mai avuto il fisico di Bebe Buell, ma ci piace pensare che, come molti scandinavi, sia stato alto, possente, energico, muscoloso. Grosso, se vogliamo usare una semplificazione un po’ forzata, ma nel rispetto della propria costituzione: insomma, bello. Diverso sarebbe immaginarsi un vichingo enorme perché si sfonda di rotoli chimici di pan di spagna e vinelli sofisticati da due soldi.

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Viene in mente, a tal proposito, una ragazzina incontrata in treno che declamava ad alta voce agli amici  le rigide (e visibilmente inefficaci) prescrizioni della dietologa (restrittivissime su ingredienti, metodi di cottura e condimenti) salvo poi lasciarsi scappare, nel successivo racconto dei suoi sabati sera, la lista completa dei superalcolici regolarmente consumati. Ecco, se tagliasse via soltanto i Vov, i Maraschini, i Cynar, ecc.. dalla sua vita, e pranzasse “normalmente”, sapete quanto ne guadagnerebbe in peso e salute, complessivamente? Probabilmente comporterebbe, in un circolo virtuoso, un maggiore benessere per tutto ciò che la circonda, animale o vegetale che sia.

Il succo è che, semplicemente, molta gente è vinta dalla  pigrizia. Fisica, perché non vuole nemmeno mettere in discussione a livello ipotetico alcune abitudini inerenti il fare la spesa, il farsi o comprarsi da mangiare e gli stili di vita. Morale, perché non hanno il coraggio di assumersi le responsabilità e le conseguenze delle proprie scelte, proiettando in qualche modo – con debita distorsione – il male che da esse proviene  sugli altri.

Che dire ai nostri compagni di sventura? Solo una cosa, e cioè portate pazienza e lasciate assolutamente cadere le provocazioni: non siete il Messia e non dovete convincere nessuno, dopotutto! L’importante è che riusciate a soddisfare al meglio un’elementare necessità: mangiare :-)

Ok, per amor di pace la strategia dell’outing posticipato va tentata comunque, ma la nostra esperienza ci spinge a essere più cauti che non ottimisti. Forse anche voi avrete modo di notare che coloro che si incaponiscono a infastidirvi per il gusto di farlo, a differenza di quanto supposto nell’articolo citato, probabilmente  non corrispondono al tipo di persona disposta a “darvi la possibilità” di farvi apprezzare per quello che siete: se la prenderebbero con voi comunque, appigliandosi a un pretesto piuttosto che a un altro. Per contro, chi è sinceramente incuriosito e attratto dalla diversità, pur nella fermezza delle proprie convinzioni, sarà conciliante e accogliente [leggi: educato] da subito.

Perciò pazientate: prima o poi incontrerete qualcuno con cui sia possibile essere serenamente vi stessi. Nel frattempo, quando più faticoso sarà resistere, ricordatevi questa massima di Chaplin: “Preoccupati più della tua coscienza che della reputazione. Perché la tua coscienza è quello che tu sei, la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te. E quello che gli altri pensano di te è problema loro”.

Informazioni su Jaulleixe

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Una risposta a Costi relazionali delle scelte alimentari.

  1. Johng653 ha detto:

    We’re a group of volunteers and starting a new scheme in our community. dcekgddededk

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